sabato 4 aprile 2009

"A Deal with God"


Una delle mie convinzioni più profonde in fatto di musica è che le migliori canzoni non vengono scritte ma vengono trovate, scoperte. C’è un numero finito di possibili combinazioni di note, tempi, timbri e testi che possono riempire i 3-5 minuti di una canzone canonica - e solo una piccola parte di queste combinazioni dà origine ad una bella canzone. I musicisti sono come minatori che lavorano in un giacimento di musica, alcuni ogni tanto si imbattono in un diamante. La tecnologia aiuta i minatori – strumenti come chitarre elettriche, sintetizzatori, campionatori hanno permesso di sfruttare parti della miniera che gli attrezzi tradizionali del passato non raggiungevano. Ma il continuo sfruttamento impoverisce sempre più la miniera e trovare una nuova gemma tra un anno sarà più difficile che trovarne una ora.

I minatori differiscono per bravura e fortuna. Alcuni - che so, i Beatles, gli autori della Motown, Battisti – sono arrivati in miniera quando i diamanti abbondavano anche in superficie. Altri – anche se arrivati più tardi – hanno comunque raccolto molto più della loro giusta parte di pietre preziose.

Prendiamo Kate Bush. Comincia ad esplorare la miniera a 13 anni, un paio di anni dopo incanta il capo-minatore Dave Gilmour con i suoi demo e appena diciannovenne pubblica il suo primo disco “The Kick Inside”. La sua attività artistica è un monumento allo sviluppo non sostenibile. Tra fine anni ’70 e inizio anni ’80 la minatrice Kate si imbatte in alcune tra le più brillanti e sofisticate melodie pop mai scoperte. Le riserve mondiali di buona musica vengono abbattute ogni volta che lei pubblica un nuovo disco. Kate lascia dietro di sé un giacimento musicale irrimediabilmente impoverito e alle future generazioni di musicisti non resta che contendersi i pochi pezzi di pregio da lei sdegnati.

Alcuni poi pensano di aver comunque scoperto un gran pezzo. Ma ecco che il loro agente li fa notare che, un paio di decenni prima, era apparso qualcosa di simile sul lato B di un singolo di Kate Bush. Meglio dunque lasciar stare, se si vuole evitare il plagio. Altri invece si rendono onestamente conto che non scriveranno mai niente di comparabile ai migliori brani di Kate, e dunque ne propongono una cover. Certe sue canzoni sono tanto ricche e complesse che un’interpretazione alternativa le trasfigura in qualcosa di nuovo, facendo emergere aspetti che erano celati nella versione originale. Tra i classici di Kate Bush che hanno subito un remake, ne voglio segnalare tre:

"Hounds of Love". Canzone che dava il titolo ad un album costipato da un numero imbarazzante di capolavori. Kate Bush divise il disco in due parti, la prima con i pezzi che sarebbero poi diventati singoli, la seconda con l’opera pop “The Ninth Wave”, ispirata ad una poesia di Lord Tennyson. Proprio questa seconda parte consolidò la fama anche letteraria di Kate Bush, che ha sempre arricchito i testi delle sue canzoni con riferimenti alle opere di Emily Bronte, Henry James, Jane Austen, James Joyce. La cover è dei Futureheads – e incidentalmente anche la sola canzone memorabile del loro album d’esordio del 2004.

"Wuthering Heights". Kate scrisse questa canzone a 16 anni, ma la EMI attese che la cantante diventasse maggiorenne prima di pubblicarla, includendola nel suo album di esordio. Personalmente, la ritengo la melodia pop più celeste mai scoperta. Kate travasa in una sola canzone tutto il romanticismo che trabocca dal libro della Bronte, realizzando la migliore trasposizione di un romanzo in musica di sempre. La cover è dei China Drum, un gruppo inglese anni ’90 totalmente dimenticato, ma che ha il merito di rivelare la vena sovversiva che pulsa nella canzone.

"Running up That Hill". Professori di semiologia hanno costruito la propria carriera accademica cercando di interpretare il testo cabalistico di questa canzone. L’interpretazione che trovo più affascinante è quella secondo cui “Running up That Hill” sarebbe il resoconto in 4’58’’ di un orgasmo femminile, con la protagonista che implora dio affinché anche il suo compagno possa provare lo stesso piacere. Nella loro cover i Placebo mostrano che il brano funziona anche come rappresentazione di un orgasmo maschile.

Infine, è giusto sentire anche lei: la donna che fece un patto con dio per scoprire le canzoni più belle.

1 commento:

  1. Trovo la versione dei Placebo molto piu' bella dell'originale. Roby

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