domenica 6 settembre 2009

Alba Nera

E anche quest’anno, con la fine dell’estate, viene annunciato un nuovo tour di Vasco Rossi. I suoi mega-concerti sono ormai eventi a cadenza quasi annuale, ineluttabili come le feste comandate. Fino a qualche tempo fa, il lancio di un nuovo disco serviva come pretesto per chiamare a raccolta i fan – ora il tour viene annunciato senza neanche la finzione di nuove canzoni.

Artisticamente Vasco Rossi è più prosciugato del lago di Aral, non pubblica un disco ascoltabile da “Liberi Liberi” dell’89. Da vent’anni è impegnato in un tour semi-permanente che a ogni data ripropone la stessa scaletta di canzoni, suonate dagli stessi musicisti, con gli stessi arrangiamenti. Una dannazione di Sisifo, ma straordinariamente profittevole: Vasco Rossi è il solo cantante in grado di riempire arene di qualunque capacità, in qualsiasi città italiana, anno dopo anno - intorno a lui si muove una piccola economia fatta di organizzatori di eventi, imprese logistiche e musicisti che trovano nei suoi concerti un’importante fonte di reddito.

Nell’83, l’allora outsider Vasco Rossi ebbe l’impertinenza di presentarsi a San Remo con la canzone “
Vita Spericolata”. Si classificò ultimo, confermando la propria fama di autore talentuoso ma di nicchia. Negli anni a seguire le cose in Italia sono tanto cambiate che “Vita Spericolata” è diventata la canzone preferita dall’attuale Presidente del Consiglio. E con ragione: Vasco Rossi rappresenta il paese meglio di qualunque altro musicista.

Vasco Rossi è l’espressione musicale della rendita, il musicista che non si prende rischi artistici, che ripropone canzoni che non deve neanche sforzarsi di cantare, perché il suo pubblico le conosce già a memoria – rappresenta l’analogo in musica dell’imprenditore italiano che esce dai settori esposti alla concorrenza per acquistare interessi in autostrade e in altri monopoli. I concerti di Vasco Rossi sono un’eterna rievocazione del passato, ormai tanto lontano che le approssimazioni della memoria fanno sembrare più semplice e accogliente di questi anni.

Ma Vasco Rossi non ha colpe, se non quella di offrire quanto i suoi fan continuano a chiedergli. E poi, se i
Rolling Stones oppure gli Who organizzavano tour per riproporre il loro vecchio catalogo negli Stati Uniti – cosa c’è di insolito in un artista italiano che fa lo stesso?

Eppure qualcosa di insolito nei concerti di Vasco Rossi c’è – e sta nella demografia delle persone che vi partecipano. I concerti degli Stones sono malinconici raduni per baby-boomers, che rimpiangono di non aver contemplato
Jagger & Richards all’apice della loro potenza, magari perché impegnati a completare gli esami universitari. Invece buona parte del pubblico ai concerti di Vasco Rossi è costituita da teenager e ventenni, che si accalcano sugli spalti a fianco di spettatori che hanno il doppio della loro età. E’ la capacità di attirare le nuove generazioni che permette a Vasco Rossi di riempire ancora gli stadi, a più di trent'anni dagli esordi.

Se io dovessi definire il rock con una sola parola questa sarebbe “scandalo”. La migliore musica ascoltata dai giovani occidentali suona scandalosa alle generazioni più vecchie, perché è tanto innovativa da non poter essere inquadrata nelle categorie culturali dell’establishment. La musica giovanile aiuta a separare le generazioni dei padri da quelle dei figli, dando una specifica identità a chi la ascolta. Solo percependosi come generazione diversa dalla precedente, può una nuova generazione distanziarsi dal mondo dei genitori, prenderne coscienza dei problemi e diventare potenziale forza di cambiamento; il suo intervento genererà altri problemi, che però potranno essere riconosciuti come tali dalla generazione successiva, se questa avrà un’identità sufficientemente autonoma.

Trovo dunque inquietante la commistione di generazioni tra il pubblico di Vasco Rossi – i figli che cantano a memoria le canzoni che non appartengono alla propria gioventù, ma a quella dei loro genitori. I ragazzi che seguono Vasco Rossi nei suoi tour non sembrano interessati a definire una propria identità musicale, a scoprire nuovi musicisti e a portarli al successo. Trovano più confortante affidarsi ad un musicista che canta ribellioni fasulle per celebrare un’immobilità di fatto.

L’establishment italiano cerca di mantenere potere e privilegi, come in qualsiasi altra nazione. Ma il suo migliore alleato, il vero responsabile dell’inerzia del paese, è la gioventù italiana, che non cerca cambiamento ma co-optazione, un posto sugli spalti a fianco dei genitori per ascoltare il mitico Vasco. L’Italia di oggi avrebbe potuto essere un paese migliore, se i giovani degli anni 90 avessero riempito San Siro per ascoltare gli Afterhours; invece ci andavano solo per Vasco Rossi. L’Italia potrebbe cambiare tra dieci anni, se i giovani di oggi accorressero all'Olimpico per vedere i Linea 77. Ma ci vanno ancora per Vasco Rossi: il cantore ufficiale di una gerontocrazia stanca come i suoi concerti, logora come le sue canzoni.